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Quando allontanarsi dal gatto è complicato: conoscere e superare le difficoltà più comuni

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Come reagisci quando ti separi dal tuo gatto? Può capitare quando vai al lavoro o hai voglia di uscire. O se il tuo gatto ha l’abitudine di esplorare l’esterno. 

Nel contesto di un legame affettivo, gli episodi di separazione e la reazione a questa situazione sono molto importanti per comprendere la qualità della relazione e le modalità di gestione delle emozioni.  

Proprio sull’analisi di questi aspetti si basa uno dei test più utilizzati per lo studio del legame tra un bambino e il suo caregiver (generalmente un genitore), noto come “Strange Situation Test”, che prevede una procedura caratterizzata da due fasi in cui il caregiver si allontana lasciando il bambino con una persona estranea o da solo, per osservarne le reazioni alla separazione e al ricongiungimento. Poiché molti proprietari considerano i propri pet come figli, diverse ricerche hanno utilizzato questa metodica anche per lo studio del legame tra le persone e il proprio gatto, concentrandosi per lo più sulle reazioni dell’animale e dimostrando che, contrariamente al senso comune, i gatti sono tutt’altro che indipendenti e disinteressati alla compagnia del loro umano di riferimento!  

Similmente, gli studi che hanno indagato il legame con gli animali da compagnia dal punto di vista del proprietario hanno evidenziato come anche le persone ricerchino la vicinanza con i propri animali e reagiscano con disagio alla separazione; spesso, infatti, un gatto può rappresentare una fonte di rassicurazione e conforto per il suo caregiver e una sorta di “porto sicuro” capace di dare sollievo nei momenti difficili. 

Dalle ricerche sul legame tra le persone e i gatti, si delinea un quadro complesso che racconta di una relazione che può assumere tante sfaccettature, alcune delle quali emergono proprio dalle risposte relative al modo in cui il proprietario percepisce la possibilità che il gatto si allontani da lui, in particolare per esplorare l’esterno. In una ricerca recente, circa il 20% dei partecipanti ha dichiarato di non permettere al proprio gatto di uscire all’esterno, per la preoccupazione che possa perdersi, essere rubato, ucciso o che qualcuno possa fargli del male. Un dato simile emerge anche da un altro studio, che ha coinvolto ben 3994 proprietari e ha evidenziato come il 44% dichiari un legame emotivo molto forte con il gatto che, in buona parte dei casi, porta a negare all’animale l’accesso all’esterno. L’ansia sembra quindi essere l’emozione predominante nelle situazioni in cui sia il gatto ad allontanarsi, ma alcuni proprietari non hanno vita semplice nemmeno quando sono loro a doversi assentare, ad esempio per andare al lavoro, per altri impegni fuori casa o per le vacanze.  

In queste situazioni emerge innanzitutto il senso di colpa, che può portare a comportamenti compensatori caratterizzati dalla limitazione delle interazioni sociali al fine di non sottrarre ulteriore tempo al micio: si esce poco di sera o nel weekend, si rinuncia alle vacanze o si passa più tempo con l’animale a scapito di altri affetti. Tali comportamenti possono incidere negativamente sul benessere della persona e sono infatti predittivi di condizioni di depressione e ansia, a causa dei vissuti di isolamento e della mancanza di supporto che producono. In questi casi, per fronteggiare il senso di colpa si rivelano invece più funzionali altre strategie, tra cui impegnarsi nell’organizzare l’ambiente in modo che il micio sia a suo agio e stimolato anche quando è solo, avvalersi della collaborazione di catsitter e focalizzare il pensiero non solo su ciò che manca al nostro gatto ma anche su tutto ciò che quotidianamente facciamo per far sì che abbia una buona qualità di vita.  

L’ansia può però emergere anche dalla consapevolezza di non poter controllare e intervenire sulla sicurezza del gatto durante i periodi di assenza. Non è un caso che molti proprietari di animali da compagnia decidano di installare nella propria casa webcam con il preciso intento di osservare il proprio pet da remoto, per essere sempre aggiornati su dove si trovi e cosa stia facendo e, soprattutto, per essere sicuri che stia bene e non si metta nei guai. Tuttavia, l’esperienza clinica insegna che, se un utilizzo moderato di questi dispositivi può essere effettivamente efficace nel creare un senso di connessione con l’animale e tranquillizzare il proprietario, talvolta si arriva a sentire il bisogno di osservare costantemente il proprio gatto, con il rischio che la preoccupazione si presenti non appena la webcam smetta di visualizzarlo per qualche tempo o nel momento in cui si abbia la percezione di vederlo un po’ annoiato o “diverso” da come siamo abituati a conoscerlo in nostra presenza. Per questo è importante che ciascuno valuti l’effetto che il monitoraggio da remoto ha sul proprio umore, impegnandosi a limitare l’accesso alle videoregistrazioni a un numero limitato di appuntamenti giornalieri.  

L’ansia, o addirittura l’angoscia, ci assale non appena usciamo di casa e lasciamo solo il nostro gatto? La psicologia parla di “pensiero catastrofico” per descrivere la tendenza a formulare previsioni negative rispetto agli eventi che accadranno: in nostra assenza, il micio sgattaiolerà fuori e verrà investito, rubato o avvelenato; senza il nostro controllo, sicuramente si farà del male e al nostro rientro potremo solo constatare la gravità dell’accaduto; e se qualche malintenzionato entrasse in casa e lo rapisse? Ecco che la mente prende la forma di una novella Cassandra e inizia a proporre nient’altro che pericoli, minacce e disgrazie! Ma possiamo davvero fidarci di tutti i nostri pensieri? È tutto vero? 

In questi casi può essere utile metterli alla prova attraverso un semplice stratagemma: per alcuni giorni, scrivere al mattino, al risveglio, tutte le peggiori profezie rispetto a ciò che potrebbe accadere nel corso della giornata, concentrando sul foglio tutte le emozioni negative. La sera, prima di andare a dormire, si riprenderà in mano il foglio, facendo una spunta di fianco a ciò che si è effettivamente avverato e…si avrà una piacevole sorpresa! 

Se queste semplici accortezze non producono miglioramenti rispetto alla preoccupazione e all’ansia di allontanarsi dal proprio gatto o se ci si accorge di vivere le situazioni di distacco con grande disagio, può essere utile valutare di rivolgersi a uno psicologo-psicoterapeuta, così da massimizzare i benefici offerti dal rapporto con il proprio pet, riconducendo i timori e le attenzioni a una dimensione funzionale al benessere di entrambi.  

 

Fonti bibliografiche 

Crowley, S. L., Cecchetti, M., & McDonald, R. A. (2020). Diverse perspectives of cat owners indicate barriers to and opportunities for managing cat predation of wildlife. Frontiers in Ecology and the Environment, 18(10), 544-549. 

Eriksson, M., Keeling, L. J., & Rehn, T. (2017). Cats and owners interact more with each other after a longer duration of separation. PLoS One, 12(10), e0185599. 

Ines, M., Ricci-Bonot, C., & Mills, D. S. (2021). My cat and me—A study of cat owner perceptions of their bond and relationship. Animals, 11(6), 1601. 

Kogan, L. R., Currin-McCulloch, J., Bussolari, C., & Packman, W. (2023). Cat owners’ disenfranchised guilt and its predictive value on owners’ depression and anxiety. Human-Animal Interactions, (2023). 

Muriana, E., & Verbitz, T. (2017). Se sei paranoico, non sei mai solo. Dalla diffidenza al delirio paranoico. 

Neustaedter, C., & Golbeck, J. (2013, February). Exploring pet video chat: the remote awareness and interaction needs of families with dogs and cats. In Proceedings of the 2013 conference on Computer supported cooperative work (pp. 1549-1554). 

Zilcha-Mano, S., Mikulincer, M., & Shaver, P. R. (2012). Pets as safe havens and secure bases: The moderating role of pet attachment orientations. Journal of Research in Personality, 46(5), 571-580. 


 

 

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